Il Prof Emigrante – Anno III – Parte III – “Rotolando verso Sud”

Day 297

LA TERZA PROSPETTIVA

27/06/2019

Ho fatto tante volte esami da studente, iniziando – probabilmente – da quello ormai abolito di scuola elementare di cui non ricordo ormai nulla.

Poi venne il turno di quello delle medie, del quale rivivo ancora le domande “cattive” del prof di educazione tecnica, il padre del mio migliore amico, nonostante mi avesse visto giocare con il figlio fino alla sera prima, a casa sua.

E ancora alla maturità, dove per chissà quale motivo ho fatto la scelta autolesionistica di portare le due materie umanistiche senza un valido motivo (fortunatamente la prof esterna friulana pensava prevalentemente a godersi le vacanze pagate da uno Stato allora spendaccione). Anche in quel caso, il pomeriggio/sera precedente ero impegnato in un torneo di calcetto che assorbiva il 90% dei miei pensieri da settimane.

Infine all’università, quando gli esami da sostenere erano all’ordine del giorno. Vale la pena ricordare quando si svolse l’ultimo perché fu in una data che difficilmente scorderemo mai: alle 17.00 dell’11/09/2001. Potete immaginare il livello di concentrazione di docenti e studenti.

Ripensandoci, la laurea non merita certo l'”infine” iniziale. Sono arrivati un altro diploma, la Ssis, i corsi di perfezionamento, le certificazioni di inglese, persino un altro concorso l’anno scorso, chissà cos’altro mi sono dimenticato (se volete, vi allego il CV) e chissà quanti ne farò ancora.
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Già dal mio secondo anno di insegnamento sono stato catapultato dall’altra parte dei banchi, agli Esami di Stato.

Commissario interno, a recitare la parte del “buono“, o commissario esterno, impersonando il temibile “cattivo“. Ho visto di tutto, dalla scuola di facili costum… ehm… diplomi alla scuola selettiva in cui gli interni erano più severi di noi esterni, ho sentito del formidabile attacco dei pirati a Pearl Harbor del classicissimo D’Annunzio “estetista” fino al nucleo dell’atomo che contiene il DNA.

Ho visto ragazzi piangere prima degli esami, dopo gli esami e soprattutto durante gli esami.

Ho sofferto con loro, ho sofferto nell’esprimere pareri positivi e negativi, ho lottato per ogni punto in più che ritenevo equo. Li ho ascoltati, da interno, sapendo fra me e me che in molti casi quella sarebbe stata l’ultima volta che li avrei visti, chiedendomi intimamente quanto realmente valesse la pena sbattersi e spendersi per ognuno di loro. E continuandolo a fare senza darmi un risposta.


Oggi ho provato la terza via. Sono stato il genitore che osserva gli esami di terza media della figlia.

Stavo nei suoi giovani panni, mi rivedevo nel suo modo di esprimersi cosciente di non aver studiato follemente nei giorni precedenti, sentivo mia l’emozione di ieri sera quando urlava sul cuscino dalla tensione, ho assaporato il senso di liberazione nell’aver concluso la prova.

Stavo nei panni dei docenti, riconoscevo i gesti sia mentre ascoltavano i ragazzi che mentre inevitabilmente non lo facevano, notavo gli sguardi soddisfatti mentre tutto andava bene e quel momento di smarrimento quando il candidato si imbatteva in qualche castroneria, i tentativi di fare domande più complicate e fuori programma per tirar fuori la capacità di argomentare, la gestualità e gli sguardi fra docenti che sicuramente sfuggivano a tutti gli altri genitori non del mestiere.

Stavo soprattutto nei miei panni. Il padre innamorato della propria (ex) bambina, che si commuove di fronte ad alcune frasi dei docenti, che sorride felice quando la figlia risponde bene e aspetta con apprensione la risposta che darà di fronte ad una domanda più difficile.


Non so voi, ho trovato meraviglioso questo poter vivere la stessa situazione dalle tre angolazioni possibili.

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