Qualche giorno fa, in un bar del mio paese, mi sono imbattuto in un episodio increscioso riguardante due uomini e la granita che stavano mangiando. Ho visto una situazione talmente complessa da raccontare e da comprendere che per trattare ed analizzare questo rapporto – che è alla base del regime alimentare estivo della Sicilia orientale -, in modo più razionale e scientifico ne è venuto fuori un intero articolo da condividere con tutti voi, siculo-orientali come me.
Cinque diversi approcci di degustazione, elencati in ordine decrescente di eleganza, accompagnati da altrettante informazioni di base che tutti dovrebbero conoscere, siciliani e non.
1 – U signuruni (Il gran signore)
L’approccio del gran signore, che lo sia di natura o nella più comune versione arrinisciutu è basato sul distacco. Il distacco emotivo, innanzitutto, perché non si allanza sulla granita come se fosse appena uscito da mezza giornata di caldo torrido ad arrimunnare pedi d’aranciu al centro della Piana di Catania, ma la osserva con l’aplomb tipico di un Lord Inglese. Soprattutto, il distacco, poi, si evidenzia nel modo di mangiarla: prende la granita con il cucchiaino e stacca la brioche a piccoli pezzi con le mani, inserendo in bocca prima l’uno e poi l’altro, in modo da far assaporare pienamente la dicotomia freddo-caldo anche alla papilla gustativa più remota. A fine pasto, non ci sarà MAI una mollica sul tavolo o una goccia scivolata dal bordo del bicchiere di cristallo del miglior bar di Via Etnea. Il gran signore, però, ha una grande colpa, che il resto dei catanesi mai gli perdonerà: l’aver sdoganato la granita come alternativa – inesorabilmente fighettina – ‘e maccarruna ccu sugu da soggira al pranzo domenicale estivo.
2 – U carusu bonu (L’educato)
Già c’è una differenza sostanziale con il caso precedente: per almeno metà granita, ignora l’esistenza del cucchiaino, tanto che poi per cercarlo inizia a guardarsi in giro, dentro il cestino delle brioche, addosso, sutta o tavulu, ovunque. Perché il cucchiaino gli servirà SOLO quando si è già calato quasi tutta la sua brioche d’accompagnamento (maledicendo, nella sua testa, di essere andato a far colazione in compagnia perché non ne ha prese due – come al solito -, ma una soltanto, per non accucchiare malacumpassa e mostrarsi persona fine e delicata). La sua brioche, staccata a pezzetti con le mani per la stessa motivazione precedente, stavolta si tuffa nella granita, raccogliendola come se fosse un cucchiaio artigianale. Questo approccio, però, funziona bene solo a granita parzialmente sciolta – diciamo dopo 5/6 minuti a pigghiari cauru sul tavolino – e ciò causa nel ragazzo impaziente di aspettare gravi conseguenze: clamorosi tsunami di granita al di fuori dal bicchiere, il rischio concreto che la brioche che si spezzi in più parti lasciando che ad intingersi siano direttamente le nocche delle dita, o la clamorosa eventualità che la violenza del gesto stacchi interi blocchi di granita ancora solida al di fuori dei confini del tavolo, fino a colpire il minuscolo cane, spesso già arraggiato per sua natura, della signora seduta accanto.
3 – U ‘cchiffaratu (l’indaffarato)
Il catanese medio avi sempre cchiffari, non ha la pazienza di stare al tavolo, non ha la voglia di sistemarsi per andare al bar, ma vuole la granita calannu u panaru dal balcone, oppure affacciandosi cch’e zocculi di lignu quando passa il granitaro con la lapa agli orari prestabiliti, fischiando per farsi riconoscere come una nave che entra nel porto, che ppiddiri l’arrotino si può mettere di canto. E, soprattutto, ha sempre da fare, quindi, cammina con la granita in una mano e la brioche nell’altra. Può procedere con due alternative: o inizia mangiando a morsi la brioche e leccando la granita a usu gelato – e mi pare difficile – oppure deve trovare una via alternativa come farse mettere la granita dentro la brioche spaccata, tipica della muratura, così può continuare a tenere la sigaretta, il telefonino o chiddu ca voli nell’altra mano. Di solito, quando la sua premura naturale lo concede, il primo morso, bello grande, è per la brioche, dopo di che, una volta che si è creata la ‘ntacca inizia ad essere usata come cucchiaio per scavare nella granita. Ma attenzione, non mangia subito granita e brioche insieme, altrimenti dovrebbe ridare un altro morso e ripartire da zero. No, lui la granita se la suca direttamente dalla brioche, in modo che lo stesso pezzo può essere utilizzato per fare un secondo o un terzo passaggio, finché non sarà irrimediabilmente arrimuddata.
4 – U ‘ngigneri (il creativo)
L’approccio alla colazione, in questo caso, può essere definito nella più generica delle espressioni siciliane: a minchia. C’è chi seleziona le quattro componenti fondamentali della brioche (il tuppo – o più volgarmente a’ coppola, prestando il fianco ad innumerevoli doppi sensi in cui, naturalmente, c’abbagna u pani -, il fondo, i laterali, la mollica interna) e le azzicca nella granita nell’ordine che ritiene più consono ai propri gusti. C’è chi prova a posizionare elegantemente un cucchiaino di granita sul pezzetto di brioche in mano, con le inevitabili conseguenze legate dallo spalmare un semiliquido freddo su un solido caldo, cioè finisce che si schifìa tutto – mani, vestiti, scarpe, picciriddu. C’è chi trasforma la colazione in un piatto unico, riducendo la mollica della brioche in palline da gettare nella granita, per poi mangiarle come se fosse uno yogurt con i cereali. C’è, infine (ma capite che questo potrebbe essere un elenco potenzialmente infinito) chi lascia sciogliere la granita fino alla forma liquida per poi berla SOLO dopo aver mangiato la brioche per intero, per lo sguardo allibito dei commensali che pare solo voler dire “’mbare, si ti pigghiavi u such’i frutta, ti custava cchiu ppicca!”
5 – U ‘nzivatu (il… lo… no, questa è proprio intraducibile)
Stavolta partiamo dalla fine. Quannu si susa da’ tavula, è felice. S’arricriàu. E non gli importa niente se tutti lo stanno guardando, perché gli cola ancora il pistacchio da un gomito, la mandorla dall’altro e c’avi una macchia di gelsi, bella rossa, a forma di ferro di cavallo a centru di cannittera! È contento, picchì iddu vincìu ‘na guerra, tanto che il cameriere, guardando il tavolo dopo che si è allontanato, pensa: “u pulizìu o u jettu?”, chiamando il titolare che, mischinu, lo abbraccia e gli dice “gioia, ppi stamatina ti ni po’ iri. Ti vogghiu beni, pigghiti na junnata”. In base a comu s’arritira a casa, a quello che gli è calato dalle braccia, so’ mugghieri, capire quando sarà ora di calarici a pasta ppi manzionnu, mentre grazie alle tracce del suo passaggio lasciate in giro (orme di tappina sul marciapiede, tavoli rimasti vuoti nelle vicinanze dell’epicentro, numero di camerieri in stato di shock che piangono seduti sui marciapiedi) anche i NAS possono aprire un fascicolo contro ignoti. No, non vi posso spiegare come l’ha mangiata ed in quanto (poco) tempo, perché nessuno ha mai avuto il coraggio di guardarlo durante il pasto. Si narra solo che lascia per ultimo il tuppo, picchì iè a patti cchuiu sapurita, e che lo inserisca a pressione nella bocca, tutto intero ed avvolto – insieme a parte della mano – in tutta la granita rimasta nel bicchiere, aiutandosi con le dita dell’altra mano ca ammuttunu verso l’interno. Ah, dimenticavo. Se, allontanandosi dal bar, dovesse notare qualche signuruni (del punto 1) che ne ha lasciato per finezza un poco nel bicchiere già sciolto… na na vutata d’occhi! Se lo beve lui!
Infine, alcune informazioni di base, ovvero regolette non sempre scritte che possono solo far capire a tutti che la granita, qui, è una cosa davvero seria.
- N’ammiscati!
Come il suono delle unghie sulla lavagna, come il pensiero di strofinare i denti sulla ringhiera, a volte ci capita di sentire frasi che ci fanno arrizzari i carni, come “Per me, una granita gelsi e… un cornetto alla nutella!”, “io prendo una cipollina e una granita mandorla con panna“. Davanti ad un catanese non puoi scindere la Brioscia dalla Granita, non lo puoi fare. È come se separassi la mamma dal papà, la maglia n.7 del Catania da Mascara, i faraglioni da Aci Trezza, la carne di cavallo da Via Plebiscito. Ma poi, perché? Con qualunque combinazione diversa, t’acchiana ’acidità per una settimana intera!
- Livativi d’ammenz’e pedi!
Poche cose ti rendono più nervoso, al mattino al bar, di chi si prende la granita al bar, con il suo bel cestino di brioche, e la mangia stando in piedi al bancone, occupando lo spazio come u mottu ammenzu a casa, togliendo un metro e mezzo di visuale ai clienti che devono ordinare e al barista che deve fare le acrobazie per servire la folla dietro. Senza contare il rispetto che manchi ad un alimento tipico siciliano che richiede la giusta devozione ed applicazione, ovvero ca t’assetti da qualche parte e non stai scassi la… (mi fermo prima, scusate) ad un’intera comunità di esercenti ed avventori.
- Ascutati cu ni sapi ‘cchiossai!
U furasteri, è colui che, capitato dalle nostre parti per la prima volta, è un po’ sprovveduto e/o non si è informato bene sulle abitudini alimentari locali. Lo riconosci da un grave errore di fondo che commette, se non correttamente guidato: lo vedi spesso ordinare la granita a fine pranzo, come dolce. Non sa che in questi casi, inevitabilmente la granita acchiumma e il povero turista per il resto della giornata si trascinerà come un sacco di juta pieno di olive che sta per essere rovesciato nel frantoio.
- Ata studiari!
Nelle regole non scritte, si sa che ci sono dei gusti primari che esaltano la cremosità dell’alimento (Mandorla, Pistacchio e in taluni casi Gelsi) e dei gusti che, per quanto ad alcuni risultino piacevoli, hanno una consistenza talmente diversa da avvicinare la granita siciliana alle varianti sbiadite che si vedono a Nord del Simeto (Limone, Caffè, Cioccolato, Pesca, Fragola, ecc. ecc.). Posto che, se becchi il bar giusto, difficilmente ti faranno mischiare nello stesso bicchiere gusti del primo e del secondo tipo, il turista non sa che differenze abissali possano esserci fra una granita mandorla e caffè (sotto la mandorla, sopra il caffè in parti uguali), una granita mandorla macchiata caffè (sotto la mandorla, sopra il caffè in rapporto pari al rapporto aureo della scuola di Pitagora) ed una granita mandorla e tannicchiedda di caffè (sotto la mandorla, sopra il caffè, in rapporto circa 90-10).
- Lassati n’signu d’amuri!
Qui, stavolta, c’è poco da dire, se non confermare la grande legge universale dell’amore catanese. Se ti lascia il tuppo, è la persona giusta per te.
BackToTheBlog,
29/07/2023
NOTE
Articolo pubblicato dopo un post privato a seguito della mia irritazione per essermi imbattuto in un doppio caso contemporaneo del consiglio n.2. Non potete capire quanto mi è “salito il nervoso” a vedere quei due omoni occupare insieme il 70% del bancone e mangiare con una flemma incredibile nonostante tutta la gente (era domenica mattina) accalcata dietro.
Il mio siciliano scritto non è poi così buono, l’avrete intuito, ma non credo esistano fonti per poter dimostrare il contrario. Spero di essermi fatto comunque capire. Ne trovate un altro esempio nel pezzo: Salazzu, Cartampica e Ratteddi: il lessico base per dialogare con l’imbianchino in Sicilia.
L’immagine di copertina è presa dalla rete, ma chiaramente se il proprietario la volesse rimossa, sarò lieto di farlo. Se qualche bar locale mi volesse sponsorizzare e fornire una foto diversa in cambio di una citazione, ogni contributo – in natura, parlo di granite ovviamente – è ben gradito.
Infine tu, caro amico. Se sei arrivato fin qui nella lettura, spero ti sia divertito e/o riconosciuto nelle mie parole. Come scrivo spesso nei miei articoli – accidenti, l’ho fatto anche stavolta, devo essere ai limiti dell’ossessione -, il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo. Grazie per averne dedicato un po’ del tuo ai miei pensieri.
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Commenti
È sempre un piacere leggerti.
Non amo molto la granita ma la prox volta che mi capiterà di prenderla penserò a questo tuo articolo 😃