Il Prof Emigrante – Il resto dell’anno – parte II (dal Day 186 al Day 266)

Day 186

La lista che non c’è

04/03/2017

Ogni volta che entro alla Coop, da socio, mi sento a casa.

Magari perché ricordo il piacevole colloquio con il simpatico addetto al servizio fidelizzazione clienti, ormai sull’orlo della pensione, che, fra una firma e l’altra per il tesseramento, mi ha fatto vedere le foto dei suoi nipotini. Forse perché la grande insegna del centro commerciale, a 50 metri da casa, è fra le prime cose che vedo aprendo le porte al mattino. Oppure perché ormai ne conosco bene la struttura, i reparti, la posizione dei vari articoli da acquistare… come mia suocera che va ancora in quello in cui andava da ragazza, nel paese vicino, nonostante adesso ce ne siano a decine più vicini, più economici e più forniti.

Insomma, fra quegli scaffali, con la mia avveniristica macchinetta SALVATEMPO che scansiona ogni articolo in tempo reale permettendomi di tenere sotto controllo l’avanzamento della spesa e con l’infinito pregio di farmi meravigliosamente saltare la fila alla cassa… sono diventato un socio modello, parte integrante della grande famiglia Coop (tanto che, a scuola, ho passato più di una volta la tessera di socio Coop al posto del badge da docente).

Oggi, di fronte al banco macelleria, due signore over 60 alle mie spalle hanno iniziato a giudicare il mio carrello.

Eccone un altro che vive da solo, neh? Guarda!

Non mi volto, continuo ad ascoltarle. Mi mancava ancora la figura della torinese che non si fa i fatti propri.

Sicuro: proteine, carboidrati e neanche l’ombra di fibre vegetali. Nessun prodotto per la casa.

Eh, già. Si vede quando non c’è una donna in casa!

Finisce lì, non mi giro neanche per intavolare una discussione che giustifichi le mie scelte d’acquisto, non mi va proprio.

Però, in effetti, un margine di ragione lo avevano: sono un (cliente) “diverso”.

Vedo gli altri uomini al supermercato in compagnia “fisica” (la famiglia al completo, la moglie che guarda le offerte, i figli che chiedono roba improponibile e lui che arranca dietro, retrocesso al ruolo di manovale del carrello, con la partita su skygo nel telefono nascosto dentro la manica del cappotto e l’auricolare che esce dal bavero) o “morale” (il foglio di carta con la lista della spesa scritta a penna, compilata in modo inequivocabilmente equivoco, della quale si narra che mai nessuno sia riuscito nell’impresa di effettuare la “combo” leggendaria del marito perfetto:

A) indovinare le quantità richieste;

B) prendere le marche giuste;

C) scoprire l’ingrediente segreto da acquistare benché non presente nella lista (…ma che ERA SCONTATO servisse, visto il resto della spesa, e TU, che sei uomo BRUTALE ED APPROSSIMATIVO, non hai saputo intuire PERCHÉ’ NON MI CAPISCI, e con la mente SEI DISTANTE, non ti concentri sull’obiettivo, MI SENTI MA NON MI ASCOLTI!!!))

(Oooops. ho divagato) (Comunque, è vero, voi donne siete così) (Non negatevelo)

Fare la spesa da solo è sicuramente un po’ triste, ma non quanto lo è raggiungere la consapevolezza che fai la spesa per una sola persona: te stesso.

Da una parte è vero che prendi solo roba che ti piace mangiare, che sai cucinare dignitosamente (livello di skill “uovo sodo“, per intenderci), che riuscirai a non far scadere perché in qualche modo hai mentalmente programmato i pasti dei giorni seguenti.

Dall’altra però si vela di tristezza il momento in cui entri in casa ed inizi a sistemare la spesa, quando vedi quella vaschetta MONOPORZIONE di tortellini e quelle 2 sole fettine di carne che hai dovuto chiedere in macelleria perché le vaschette già pronte hanno porzioni troppo grandi per essere consumate in unico pasto, oppure quando senti quella strana sensazione che scaturisce dall’aver portato a casa una confezione da SEI biscotti gelato CUCCIOLONE senza nessuno che, GIUSTAMENTE, ti dica “Ma che ca**o hai comprato, che fuori ci sono ancora i pinguini per strada!?!?“.

Nessun testo alternativo automatico disponibile.
Tipico esemplare di “tristissima monoporzione”: la mangi, la gusti e ti deprimi durante la preparazione. Per questo a volte preparo comunque quella da 250g. E la bilancia ringrazia.

Eh, di fronte a tutto questo, ripensi alle signore e alle loro osservazioni e dici che forse avevano ragione.

Anche perchè… Bòja fàuss… ho dimenticato la carta forno, il detersivo per i piatti e, soprattutto, non mi sono fatto dare i punti-premio per la collezione di posate griffata Masterchef!

Il prof emigrante

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NOTE:

1) ‘Notte!

2) Notte di note, note di notte (Claudio Baglioni, 1985)


n.d.b.: I pensieri al supermercato sono poi diventati uno studio scientifico approfondito e, come tale, sufficientemente inaffidabile.

Uomini e supermercati: una relazione complicata


Continua nel Day 192 – Nulla da dire

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