A cavallo di una scopa biposto

Pubblicato su “LA SICILIA” il 7/1/2004, racconta di un ipotetico giro a caval di scopa per distribuire carbone o caramelle ai catanesi illustri dell’anno precedente. Nelle didascalie delle immagini e in rosso, sparsi per il testo, i commenti odierni, “appena” 12 anni dopo.


 

L’appuntamento era fissato per il cinque sera, alle ventidue, davanti all’entrata della redazione in viale Odorico da Pordenone. La aspettavo da solo, con i denti che mi battevano per l’emozione, per il freddo gelido e, ad essere sinceri, anche per il mezzo di locomozione che di lì a poco avrei utilizzato. Dopo decine di telefonate ed e-mail, il suo ufficio stampa mi aveva concesso quest’incontro storico: per la prima volta un giornalista avrebbe potuto incontrare la Befana, accompagnandola nel suo giro notturno di distribuzione.

Si vede distintamente lo scopaporto dietro l’insegna. Si pizzìava dal freddo sul tetto quella sera.

Mentre guardavo le auto che mi scorrevano davanti, zigzagando fra le buche della circonvallazione (ormai caratteristiche. Sarebbe opportuno segnalarle con le indicazioni marroni dei segnali turistici), sentii una mano sulla spalla: «Eccomi qua, sei pronto?». Voltandomi, mi trovai di fronte ad una splendida ragazza: alta, bruna, lineamenti finissimi e portamento elegante. Rimasi senza parole, immaginavo tutt’altro. «Non meravigliarti, c’è stato un ricambio generazionale; le vegliarde, adesso, sono tutte dietro una scrivania. Il lavoro pesante lo facciamo noi giovani.» Ero davvero sorpreso. «E i bitorzoli sul naso da cui escono tre o quattro lunghissimi peli… non fanno più parte della vostra immagine?». «No, decisamente…» rispose aggiustandosi i capelli «piuttosto un anno o l’altro faremo un calendario! Ora, saliamo, ho posteggiato sul tetto, uno dei pochi posti rimasti senza strisce blu.».

Le buche della circonvallazione, eccellenza catanese conosciuta nel mondo. Ma questa è una foto d’archivio? In dodici anni le cose saranno cambiate… O no? 

Mentre salivamo le scale, parlava al cellulare consultando velocemente un palmare, «indispensabile» disse «per pianificare i tempi della distribuzione» e, giunti sul tetto, mi bloccò sorridendo: «Guarda che gioiello! Si chiama Classe BFN, la inauguriamo stasera. E’ stata realizzata in gran segreto dai tecnici Mercedes». In effetti lo spettacolo era inconsueto. La forma era quella di una scopa, su cui però erano montati due sedili ergonomici, delle appendici laterali per non perdere l’equilibrio, un parabrezza aerodinamico e due mini reattori vicino alla coda; tutto carenato in argento metallizzato, tranne l’impugnatura in legno e le setole sul retro. Mise su il casco e ne porse uno a me: «Ok, salta su, tieniti forte e non guardare giù!».

Purtroppo posso solo pubblicare uno schizzo del prototipo, molto diverso dall’originale. La casa produttrice nega tuttora la sua stessa esistenza. I soliti crucchi.

Pochi secondi dopo, guardavamo dall’alto le mille luci di Catania. Con voce dolcissima, mi spiegò che quest’anno le era stato assegnato il ruolo di promoter per l’associazione di categoria, la Gilda delle Befane, nonostante la notte stessa le sarebbe scaduto il contratto di formazione lavoro (aggiunse: «la mia conferma dipenderà da quanto faremo stanotte») e che il nostro giro notturno sarebbe stato dedicato ai protagonisti dell’anno trascorso. Nel medesimo istante, mi spiegò, altre tre sue colleghe stavano già rifornendo le calze ordinarie in tutta la provincia di Catania. Concluse con una punta di femminismo: «La Befana’s Holding è davvero ben strutturata, a breve entreremo in borsa. Sapessi, invece, quanto sono disorganizzati i ragazzi del Natale… fanno bene quelli di Sky a metterli in riga!».

Finito di sparlare della concorrenza, fece planare la Classe BFN in piazza a Librino. «Qui lasciamo dolci e speranze. I colori degli spot e le poesie possono solo essere un punto di partenza. Ogni bambino di Librino dovrà sapere che il proprio futuro è nelle sue mani, che non è per nulla segnato!». Quindi compose al telefonino un numero di circa venti cifre e per le strade apparvero moltissime scie luminose, che entrarono nelle case della gente. «Cos’è?», chiesi. La Befana rispose: «E’ tutta coreografia, residuo della gestione delle vegliarde. In realtà è il nostro servizio postale interno, gestito da una divisione speciale di superfattorini.» Rimasi allibito: «Superfattorini? Come fanno ad entrare dalle porte chiuse?». Le sue gote diventarono leggermente rosee, rendendola, ancora più affascinante mentre rispondeva imbarazzata: «Beh, diciamo che hanno competenze derivanti da un loro passato non particolarmente limpido. Ma stai tranquillo! Adesso, alla fine del percorso di riabilitazione, sono delle anime candide!»

Veduta del quartiere Librino. 12 anni fa finire lì per caso poteva essere pericoloso. Oggi come va? Conosco tanti ragazzi della zona, bravi a scuola e con gli occhi pieni di speranza per il futuro. Chissà che presto le cose non possano cambiare…

Facemmo successivamente tappa a casa dai parenti delle vittime della strage di Aci Castello e a casa del carabiniere morto a Nassiriya. «I dolci e i regali che portiamo qui sono simbolici, l’importante è portare conforto ai parenti di chi ha ingiustamente perso la vita svolgendo il proprio lavoro.» Non c’era nessuna calza appesa in queste case. «…ma non importa, le mettiamo noi.» affermò senza esitare.

Ritornammo a svolazzare sulla città. Si accorse che le ultime visite avevano lasciato il segno su di me, purtroppo, però, c’era ancora qualche triste incombenza cui adempiere. «Scendiamo qui!» e la sentii ordinare un gran quantitativo di carbone. «E’ l’assessorato ai lavori pubblici, vero?». «Si,» rispose la Befana «riempiremo l’ufficio di carbone, come avvertimento per gli anni a venire. In una grande città come la nostra, nel ventunesimo secolo, non si può morire annegati per strada a causa di un alluvione!»

(Un po’ di cronaca: il 2 Maggio 2003 un uomo perde il controllo e uccide il sindaco ed altre 5 persone ad Aci Castello, prima di fuggire e togliersi la vita. Il 18 novembre, cadono in Iraq 19 italiani, dei quali 2 catanesi. 2 ragazze sono invece morte annegate per un alluvione, cadendo dal motorino)

Finito questo dialogo, la BFN si posò su un terrazzo di Canalicchio. Non sapevo chi abitasse lì né il motivo di quella sosta. La giovane Befana ordinò parecchi dolci e i superfattorini li recapitarono immediatamente. «A chi abbiamo consegnato tutto questo ben di Dio?» chiesi curioso. «Ad un ragazzino. A Marzo scrisse NO ALLA GUERRA su un pezzo di lenzuolo e lo appese sopra l’ingresso del sottopassaggio di Via V. Giuffrida, visibile venendo dall’autostrada. Dopo nove mesi è ancora lì, simbolo della voglia di pace che sente la città.»

Il volo successivo ci portò nelle sedi istituzionali del Comune e della Provincia. «Scapagnini e Lombardo… uhm… lasciamo del carbone dolce ad entrambi. Perché non si cullino su quanto di buono hanno fatto quest’anno e perché riflettano su quanto, invece, non hanno fatto e su quanto c’è ancora da fare.» La Befana mi strizzò l’occhio «E poi i politici vanno sempre lasciati sulla graticola, serve loro da stimolo! Anzi, già che siamo qui…». Prese, quindi, il palmare e chiamò direttamente una miniera di carbone in Renania. «Buonasera, vorrei ordinare l’antracite più dura che avete…». Pochi attimi dopo mi spiegò che era destinata a chi aveva revisionato la copertura delle Ciminiere, consentendoci quella gran figuraccia a livello nazionale in occasione dello SMAU.

(Il centro fieristico “Le ciminiere” non ha retto all’acquazzone del giorno prima dell’inaugurazione e si è presentato come un gigantesco pantano, portando ad una caterva di rimborsi. Quanto al non portare un intero PIANETA di carbone a Scapagnini – Mr. Centoquarantamilioni di buco di bilancio – e Lombardo , visto quello che è venuto fuori nel decennio successivo… beh, tuttora non me lo spiego.) 

Nonostante la giacca a vento, il freddo del volo notturno mi aveva già fatto perdere la sensibilità delle dita, rendendomi partecipe di curiose sensazioni artiche. Per questo guardai senza muovermi dalla BFN la consegna a Pippo Baudo («a Pippo vanno sempre consegnati i migliori dolci, non chiedermi il perché. E’ scritto nel nostro statuto.»), a Carmen Consoli («carbone dolce anche a lei, perché da Panariello è stata brava, ma poteva anche fare di più.») e a Melissa P. («aver scritto il best-seller dell’anno non può che farle meritare dolci in quantità. Ma se fra i cento colpi di spazzola gliene fosse arrivato uno di scopa, non le faceva mica male…»)

Il nostro giro notturno volgeva ormai al termine. Mancava un’ultima consegna. Ci fermammo in Piazza Verga, davanti alla sede del Calcio Catania. «Sei tifoso?» mi chiese. Le risposi che non potevo non esserlo. «Alla famiglia Gaucci portiamo del carbone…» Lì per lì, rimasi di sasso, finché la Befana non concluse la frase: «…primo, perché alla fine dello scorso campionato eravamo comunque al quint’ultimo posto e questo non è da Catania. Secondo, perché dopo un’estate tumultuosa come quella passata, fra palpitazioni, danni morali e materiali, come minimo avrebbero dovuto farci riammettere direttamente in Champions League, altro che serie B!»

Era l’estate dei ricorsi e dei controricorsi, nella quale scendemmo e risalimmo fra la C1 e la B almeno 4 volte. E quest’uomo era ancora a piede libero sul territorio nazionale.

 

Il nostro viaggio si concluse lì dove era cominciato, su un marciapiede della circonvallazione. Scese dalla scopa dopo di me, con grazia e stile. Mi salutò baciandomi in fronte, come ad un bambino, rimontò in sella ed andò via verso l’orizzonte. Era meravigliosa e io non l’avrei più rivista. Al rientro a casa, trovai una lunga calza scura appesa davanti al camino. Dentro c’erano dei cioccolatini assortiti ed un biglietto: «Grazie, da una Befana assunta a tempo indeterminato


 

 

 

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