Day 180
Il paradigma dell’emigrante spensierato
25/02/2017
(Airport Live n. Non lo so, forse 18) (Al pianoforte un ragazzo suona magistralmente Cremonini)
Ho dovuto farci i conti già dal primo giorno e già mi stava discretamente sui cabbasisi.
Il che, devo ammettere, non è facile. Per me è più semplice dimenticare con disinvoltura una persona molesta piuttosto che farla assurgere al ruolo di portatrice sana di fastidio.
Per di più quando questo individuo diventa talmente stereotipato da perdere le fattezze umane e vivere di gloria all’interno di una semplice frase:
“C’era un mio amico che nella tua situazione era felice. Mi diceva che ogni volta che doveva tornare a casa era obbligato a dar conto a moglie e figli… non vedeva l’ora di tornare su per potersi rilassare“.
Questo frase, al netto di espessioni colorite diverse, mi è stata già riferita ALMENO 5 volte, da soggetti del nord e del sud, della famiglia e degli amici… tutti assolutamente privi di contatti diretti fra di essi.
Insomma o questo è un fenomeno da baraccone che incontra gente a caso per l’Italia e gli rifila questa storia per il puro diletto di rompere i suddetti a me o la frase è diventata un cliché da recitare con la stessa autorevolezza di un “ho letto su internet che…“.
Perché, fatemelo dire urlando…
NON E’ VERO!!!
Mille volte, durante la nostra vita “normale” – quella in cui non ti mandano a lavorare dalla parte opposta della nazione, per intenderci – desideriamo il tempo libero, la possibilità di avere un po’ di tempo per dedicarci alle nostre passioni… quando poi ne hai forzatamente l’opportunità, come nel mio caso, allora provi a dedicartici (la ricerca del famoso bicchiere mezzo pieno) e ti accorgi che in fondo quella ricerca a tratti spasmodica non era così importante.
(Post confuso fin qui, vero? Colpa delle polveri sottili e dell’aria irrespirabile di queste ultime due settimane)
Inoltre l’aspetto sociale della vita non va trascurato. Per quanto puoi “lavorare” più o meno intensamente sul far crescere le amicizie locali per migliorare la qualità del tuo tempo – l’uomo è un animale sociale, me compreso (che sono per giunta anche animale social) – queste non possono mai avere in pochi mesi quei fondamenti di feeling costruiti nel tempo, lasciando così spazio a facili incomprensioni che ti portano a comprendere come la tua “domanda” di relazioni umane, alta in condizioni di temporanea solitudine, non è bilanciata dalla comunità che ha già – giustamente – creato nel tempo una sua vita in loco, soprattutto alle soglie dei 40.
Per concludere, prima di avviarmi al gate, lancio un appello:
Se incontrate questo fantomatico tizio che si rompe a tornare a casa… mandatelo a quel paese da parte mia!
Il prof emigrante
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Note
1) In questi ultimi giorni, fra le tante cose, sono venuti a trovarmi i miei cuccioli. Splendidi incasinatissimi giorni in cui, però, ero Ko per i postumi (e la coda) dell’influenza. Ci vuole fortuna.
2) Capperi, è tardi. Scappo!
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