Il prof emigrante – Il resto dell’anno – parte I (dal day 101 al day 180)

Day 169

Un San Valentino… diverso

14/02/2017

 

Si, lo avevo immaginato proprio molto diverso. E no, non parlo di una cenetta romantica, io e Lei, a bordo del nostro catamarano mentre facciamo spola fra un atollo e l’altro all’interno di un arcipelago del Pacifico del Sud.

Era già messo in conto che non si potesse fare, i biglietti acquistati mesi prima avevano già avuto come conseguenza la totale eliminazione dalla nostra agenda personale della festa degli ‘nnamorati (così la chiama il nostro cucciolo quando ci vede salutare troppo calorosamente in aeroporto il sabato mattina) (sua sorella maggiore invece dichiara apertamente: “bleah! Che schifo!” già al primo abbraccio, per poi continuare con un severo “Basta! Vi stanno guardando tutti!“).

Il San Valentino che avevo programmato era decisamente poco romantico e molto metrosexual: io, in pigiama, intento a guardare la partita di Champions PSG-Barcellona al pc, con una birra in una mano e il ferro da stiro nell’altra, perché – inutile girarci attorno – la pila di roba da stirare ultimamente cresce più velocemente del PIL cinese.

Poi, magari, in omaggio ai calendari sexy che tanto piacciono alle casalinghe infoiate di questi anni 10, un bel selfie a torso nudo con la didascalia: “Baby… quest’asse aspetta te!” (frase dalla quale si potevano tirar fuori svariate decine di interpretazioni e coloriti doppi sensi).

E invece, il destino mi ha riservato ben altro: sono già a letto, presto come mai in questi primi 5 mesi, in preda ad un inizio di influenza che giunge quantomai inopportuna, perché:

A) DEVO stare bene perché dopodomani sera verrà qui tutta la mia famiglia per il weekend: Lei (P.S. già mi ha fatto sapere che non ha intenzione di bloggare di nuovo al posto mio, ma vi saluta), Loro, più – bonus track – mia cognata e l’aspirante zio dei miei bambini.

B) Non ho ancora scelto un medico di base locale presso cui recarmi in casi simili.

C) Mi rompo a star male.

D) Ho le medicine, ma non il termometro che dovrebbe dirmi quando è il caso che le prenda.

E qui, giungiamo al caso eclatante di giornata. Perchè senza “portarla a malacumpassa” (alias: coprirmi di ridicolo) non ci sarebbe stato gusto.

Per procurarmi questo termometro, ho aspettato che la febbre fosse una minaccia seria. I sintomi sono arrivati con maggiore intensità oggi pomeriggio, quando il mio programma prevedeva un collegio docenti alle 14.00 e 5 ore di lezione, fino alle 21.30.

Che fare, quindi? Mi autoconvinco: “Semplice, cerco all’uscita una farmacia notturna, qui a Torino ce ne sono di grandi ed efficienti, oppure ne compro uno al distributore automatico“.

Ora, molti di voi sapranno qual è l’articolo principale che i distributori automatici delle farmacie propongono al pubblico, coprendo con una moltitudine di forme, gusti e colori oltre il 70% della merce esposta. Bene, va detto che io sono stato parecchio imprudente nel fermarmi nella prima farmacia trovata subito all’uscita da scuola, va detto che mi sono soffermato un po’ troppo mentre cercavo con interesse la confezione del termometro che pareva sfuggire alla mia vista, così, improvvisamente, sento da dietro di me giungere un accorato:

Prof!!!! Stasera farà faville!!!! Si diverta!!!!!

Figura di m… più che rara, direi epica, quasi leggendaria.

 

Con la faccia diversi metri sotto il livello del terreno, ho provato a farfugliare agli alunni coinvolti – fortunatamente di quinta, alcuni dei quali più grandi di me e con cui mi permetto di scherzare -, cosa stessi cercando realmente, ma mi sono reso subito conto che le mie parole non avevano alcun senso logico.

Quindi ho tagliato corto, assecondandoli con un “grazie”.

E, come degna conclusione, non ho trovato il termometro né lì, né altrove.

‘notte!

Il prof emigrante

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Continua nel Day 180 – Il paradigma dell’emigrante spensierato

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