Il Prof Emigrante – Anno II – Riassuntone

Day 256

L’angelo della morte

09/06/2018

L'immagine può contenere: nuvola e cielo

 

Ogni cultura ha le sue bizzarre tradizioni, ogni famiglia ha le sue inusuali consuetudini, ogni scuola ha le sue circolari.

La mia prevede che in un giorno dell’anno il coordinatore di classe si trasformi in una figura mitologica, simpaticamente battezzata dagli studenti “Angelo della Morte“.

Subito dopo gli scrutini di fine anno e in ogni caso prima della pubblicazione dei tabelloni, il “prescelto” ha l’onore e l’onere di dover comunicare l’esito finale in modo più o meno formale (lo chiamano “fonogramma“, alias una telefonata) agli studenti che non hanno avuto una valutazione positiva.

Se però, come nel mio caso, sei coordinatore di una quinta e ti ritrovi tutti gli studenti in aula a studiare dall’altra parte dell’istituto in vista dell’Esame di Stato, la cosa – già pesante di suo – si fa anche più complessa. Perché stai per dire ad alcuni di loro che quest’esame, per cui si sono impegnati durante gli ultimi 8 mesi… non lo potranno fare.

E allora, appena esci dallo scrutinio con il verdetto finale ben impresso in mente, senti la loro vedetta, appostata lì a distanza di sicurezza da ore, chiamare l’adunata: “Sta arrivando!”. Da due corridoi, un piano e tre angoli di distanza arrivano le prime urla. Poi cala il silenzio e ti ritrovi solo ad attraversare l’istituto ormai deserto, con l’eco dei tuoi passi a rimbombare in un silenzio innaturale.

Pensi a questo momento da metà maggio, quando hai iniziato ad intuire chi potrebbe essere il destinatario della comunicazione. Puoi tenere tutto il distacco emotivo e professionale che vuoi, ma se hai creato un rapporto con la classe e il singolo studente – che credi anche buono – stai per giungere ad un momento di dolore per entrambi, per te che devi parlare per primo e per lo studente che dovrà ascoltare e incassare.

La tua mente va istintivamente a nominations, reality e giudici delle discipline più disparate che ormai vanno per la maggiore in tv e ti senti un po’ come loro. Ma è tutto più pesante. L’esito che vai a comunicare riguarda il tempo, il bene più prezioso: un anno della vita vera di uno studente che verrà letto da lui come “sprecato“, la bocciatura scolastica come una bocciatura della persona nel suo complesso. E tu che sai che non è così, dovrai rincuorarlo – inutilmente – trovando le parole giuste che forse neanche ascolterà.

Così superando l’ultimo angolo, trovi tutta la classe lì ad aspettarti. Anche i più bravi con il groppo in gola, messi a semicerchio come a renderti più difficile l’impatto emotivo. Chi si nasconde, chi sdrammatizza, chi prega, chi guarda da un’altra parte. Da lontano, in un ultimo momento di vigliaccheria, scruti i loro volti uno per uno, nella speranza che gli interessati siano andati via. No. Sono lì in mezzo agli altri. Erano venuti per studiare ancora.

Si può parlare di esito solo con i diretti interessati, il segreto dello scrutinio va preservato, anche se è inevitabile che l’informazione si diffonderà quasi istantaneamente. Hanno paura di vedermi alzare un braccio, lo sguardo. Il loro “buongiorno” di rito è un sussurro appena accennato.

Un anno di rispetto, sorrisi, stima reciproca e collaborazione proficua, in questo momento non c’è più, volatilizzato. Per loro adesso sono solo “L’angelo della Morte”.

Un angelo con gli occhi lucidi.

“Ragazzi, è stato un anno fantastico, lo sapete… ma sapete anche cosa devo comunicare adesso ad alcuni di voi”.

Entro in un’altra aula. “Venite, uno alla volta

Amen.

Il prof emigrante (con ali di oscura giada)

 

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