La “mia” festa, oggi, dall’altra parte d’Italia.

Sono giorni che faccio finta di nulla. Oggi doveva essere un giorno normale, una sera al lavoro come tante altre qui al profondo Nord.

Anzi, qualcosa di diverso c’era stata, passando in auto accanto allo Juventus Stadium, con la voglia di assistere ad una semifinale di Champions che si svolgeva a poche decine di metri da me, ma i cui biglietti erano molto più che irraggiungibili per un comune mortale.

Poi il telefonino ha iniziato a vibrare, alle 21.34. Una notifica da Facebook, due, poi tre, infine quattro. Ho guardato il cellulare, distrattamente, su di un sedile passeggero ormai vuoto da troppo tempo. Accosto e mi fermo, si tratta di quattro dirette Facebook simultanee. So cosa sta per accadere, così mi abbandono totalmente alla visione, senza accorgermi di essermi piazzato proprio davanti ad una fermata dell’autobus sotto lo sguardo perplesso di 3 signore delle nazionalità più disparate.

É la vigilia, i fuochi del primo “partito“, riempiono di suono e colore un’atipica notte piemontese, calda e secca.

Improvvisamente torno ad avere 5 anni, quando dal balcone al quinto piano della casa in piazza del mio vecchio dottore, con gli occhi grandi e pieni di meraviglia, guardavo i fuochi scelleratamente posizionati a un passo dalla gente. Torno bambino sulle spalle di mio padre a guardarli dall’angolo della Pizzeria “Nuovo Garden” (che sembrava sempre più vecchia del vecchio Garden), con le mani sulle orecchie e la sicurezza di essere subito abbracciato quando sul finale dell’esibizione i botti avrebbero illuminato a giorno il cielo. Torno adolescente, con gli amici che dalle estremità del paese (il Tondo, la Salita dei Saponari… – allora il paese finiva lì) venivano a casa mia, la base del clan, in bicicletta e passavamo la sera a guardare i fuochi  (e le ragazze) seduti sui gradini del municipio, poi a cercare di rimanere in alto sul Galaktron a Piano Pucita ed, infine, a passare la notte in bianco ad aspettare che passassero “i nudi” con i loro giganteschi ceri grondanti sul selciato.

Il mitico Galktron. Il suo arrivo ai primi di maggio rappresentava l’inizio della festa. E chi se ne importava se alla fine bloccava 3 strade per un mese intero?

Corro a casa, arrivando in tempo per sentire l’ultimo “partito“. Un parente, un’amica d’infanzia, un amministratore (o almeno credo, ultimamente cambiano abbastanza spesso), un amico di un amico anche lui impegnato a lavorare fuori: salto da una diretta all’altra per cambiare angolazione, con il volume del notebook “a palla“. Il vicino di pianerottolo si starà chiedendo cosa sto combinando, ma, sinceramente, stavolta me ne importa davvero poco. Se solo potessi, gli farei sentire anche l’odore pungente dei mazzi di aglio accatastati ai bordi della strada (anche perché a giudicare dalle urla quotidiane che arrivano da oltre quella parete, probabilmente è pure un vampiro).

Seguo ogni istante del video con estrema attenzione, con la voglia di riconoscere qualcuno, di sentire un suono familiare. Eppure non sono mai stato un fanatico di quella che comunque considero la “mia” festa, forse perché ho sempre fatto riferimento alla comunità “rivale” della Chiesa Madre, forse perché in fondo non l’ho mai profondamente sentita dal punto di vista religioso. Ad esempio, non ho mai saputo chi ha “vinto” la sera dei fuochi e non ho mai (probabilmente, diranno alcuni, per questo mi trovo a lavorare a 1.500 km da casa e famiglia) portato un cero a S. Alfio per “chiedere” qualcosa in cambio, ma in quei venti minuti complessivi di diretta, ho sentito tutta la privazione, la distanza, la voglia matta di essere in giro a mangiare lo “sfingione” – una volta l’anno, visto che solitamente lo si finisce di digerire a Luglio -, di camminare in mezzo alle bancarelle di Corso Sicilia solo per il piacere di osservare i tipi strambi che passeggiano, di attendere l’indomani per far vedere la sfilata dei carretti siciliani ai miei bambini o l’uscita dei Santi, sotto il sole cocente, agli amici stranieri (in un’accezione allargata, perché in questi giorni, anche un tizio di Pedara è comunque un “forestiero“).

Lo “sfincione”. Unico alimento al mondo che pesa 300 grammi e ti fa ingrassare di 600.

Domani sarò ancora al lavoro, in corrispondenza del momento a cui associo il ricordo più caro, quando durante la processione tutta la famiglia (nonni, zii, cugini, parenti vari spesso sconosciuti, amici di circostanza e vicini che diventano improvvisamente cordiali solo in quella occasione) si ritrova sotto casa dei miei genitori al passaggio dei Santi. Quanti pianti ho visto, due generazioni almeno, di bambini che venivano sollevati dalle braccia dei genitori e spinti sulla “vara” a consegnare un’offerta e ricevere in cambio il santino (che poi non potevi buttare “perché è peccato” e quindi ora hai quasi bisogno di un container per custodirli tutti). Oggi, molti volti che popolavano quel momento straordinario per il me bambino non ci sono più, sostituiti nel tempo dai miei figli, dai miei nipoti e da un’intera nuova generazione, nella speranza che nel futuro, sotto quel portone illuminato ci sarà sempre un momento di festa.

L’ironia della sorte ha voluto che nei precedenti 3 anni abbia sistematicamente preso l’unica febbre seria dell’anno proprio a cavallo di questi giorni di festa: non potevo andare e non ne ho fatto un grande dramma, se non per il dispiacere di non poter portare i miei figli.  Ma eravamo  comunque lì vicino, bastava aprire una porta per sentirci comunque in mezzo alla gente, parte di un’emozione condivisa che ha decine di migliaia di protagonisti.

Adesso è tutto diverso, ma stasera almeno, grazie a Facebook e questi quattro amici “eroi“, ho provato ancora la stessa emozione.

Torino, 9-10 Maggio 2017

A.

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NOTE CONCLUSIVE:

  1. Mi scuso con i frequentatori abituali del blog per aver lasciato occasionalmente i toni scanzonati che solitamente contraddistinguono queste pagine virtuali. Tornerò presto me stesso, appena passerà questa crisi di nostalgia (e di mezza età).
  2. Ringrazio pubblicamente, dopo averlo fatto in privato, i 4 autori delle dirette a cui ho fatto riferimento, sperando di trovarne altrettanti domani.
  3. In ogni caso ho l’amara consapevolezza che non mi ricapiterà MAI l’opportunità di vedere la festa e il Giro d’Italia contemporaneamente nello stesso posto. Sogno da mesi di vedere come il paese riuscirà a gestire la concomitanza di due eventi tanto imponenti, dopo aver seguito con il popcorn in mano, le varie discussioni online. Spero semplicemente che sarà una splendida vetrina per tutti noi.
  4. Forse ho usato dei toni eccessivamente melodrammatici, nonostante sia lontano da casa appena da qualche mese.
  5. Tornerò comunque, presto o tardi (anche se già adesso torno più spesso di quanto io stesso possa pensare)
  6. Aggiungo qualche foto a beneficio dei non locali, per rendere un po’ l’idea della festa.

Tuttidevotitutti! Ok, questa l’abbiamo copiata da Sant’Agata. Chissà se “lassù”, davanti ad una granita celestiale, se lo rinfacciano ancora.

I palloncini osservano preoccupati. “No, non ora, non adesso, no, tienici forte, non ci vendere a quel bimbo”

Ho passato anni a cercare di imitare il movimento violento e fluttuante delle mani del tamburellista da carretto. Niente da fare, ne ho ricavato solo dolori intensi: credo abbiano le nocche di cemento armato.

Immagine correlata

 

 


Risultati immagini per festa s. alfio trecastagni

L’uscita trionfale del Santo. Una certezza alle 13.00 spaccate. Si vocifera che anche a Greenwich facciano dei controlli di sincronizzazione per vedere se LORO sono a posto.


STUMPARAPUMPATRANPARAPAMSTAMPRATUM! (Trad. dal bombese: “Livativiiiiiiiiiiiiiiiiiiii”)

Fauna tipica che si manifesta in occasione della festa: il posteggiatore abusivo in trasferta. Si reca nel territorio comunale con la voracità di uno sciame di cavallette occupando tutti gli spazi fino ai paesi limitrofi. Si distingue dalla specie “stanziale” per creatività e capacità di adattamento al nuovo ambiente. Dialogo fra me ed un esemplare simbolo della specie: “Scusa, ma ha fatto posteggiare davanti al cancello?”, “Non c’è problema, CAPO, a mindissa cchiu ddà”, “Ma se uno deve entrare?” “Oh, CI ho detto che non c’è probblema.” “Si, ma è casa mia, devo entrare.”, “Bonu va, e chi me lo dice?” “Lo vede? sto aprendo con il telecomando!” “Aaaaaaah, perchè non lo diceva prima. E’ la macchina di mio fratello! AAAAAAAAAAAAAAAAAAAFFFFFFFFFFIIIIIIIOOOOOOO, vieni qua, leva sta màchina!”

Il prodotto caratteristico. Nel tempo ho visto gente che ne compra 3 o 4 mazzi alla volta. Mah. Chissà chi o cosa vogliono tenere lontani da casa. Ok, ricerca per i lettori, qual è il legame fra l’aglio e la festa?

Devi camminare a piedi nudi, indossare qualcosa di rosso, accendere una grande candela. Ehi, smettila di fare quel sorriso malizioso, sto parlando di tutt’altro.

Immagine correlata
Certo, se per un attimo facessimo finta di non sapere cosa sono e cosa rappresentino… Beh, manca solo Stephen King a preparare la sceneggiatura per un horror d’altri tempi. Ci andreste di notte, da soli? Il bambino a figura intera sulla sinistra, senza arti, vince per distacco.

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