Il prof emigrante – La quiete prima della tempesta (dal “Day 0” al “Day 9”)


Day 0

Tutto qui?

01/09/2016

La domanda finale con cui si è chiuso il post di ieri sera, emblematica nel suo linguaggio aulico con influenze fusion (“cosa c***o ci faccio qui?“) richiedeva una risposta che avrei potuto fornire solo stamattina, dopo il primo impatto con scuola e docenti.

Certo, mi sono presentato al collegio docenti, fissato per le 10, con il curriculum arricchito da quella saggezza che ti può infondere solo una abbondante colazione in albergo, celebrata senza lo sguardo severo e accusatorio che solitamente ti riserva tua moglie quando raggiungi il buffet dolce per riempire il piattino per la terza volta in meno di venti minuti (si, è possibile utilizzare l’espressione “come se non ci fosse un domani”) e senza la necessità di dover dare l’esempio ai tuoi piccoli su come ci si comporta pubblicamente in tale occasione, magari destabilizzandoli con una parola che utilizzi solo in tale occasione: “ingordigia“.

La mia nuova scuola non è un granché: anonima, poco curata negli esterni, profondamente triste nel suo grigio cemento armato. Per fortuna, il personale sembra sapere cosa è un sorriso: probabilmente il motivo risiede nel non dover compilare come noi docenti facciamo (o “facevamo”? non riesco ancora a prendere la mentalità del tempo indeterminato) ogni anno al momento di prendere servizio in una nuova scuola. Su circa 12 fogli diversi da compilare, 12 ti chiedono di inserire le generalità al completo. Ma c’è un documento, chiamato semplicemente dichiarazione sostitutiva, che merita uno spazio a sé e più o meno suona così:

Io Xxx Yyy, nato a Zzz il giorno GGMMAAAA

DICHIARO

di essere Xxx Yyy, nato a Zzz il giorno GGMMAAAA “.

Il circolo vizioso dell’assurdo, che lascerebbe a bocca aperta persino Socrate.

Quando arriverà l’animatore digitale al ministero ad eliminare tutta questa burocrazia?

(Che poi… l’animatore digitale… parliamone pure… se interpretata bene, è una figura che serve come il pane nelle scuole italiane, in cui molti docenti sono rimasti ben ancorati alla didattica del secolo scorso. Però il nome “animatore”… Immagino l’A.D. come Fiorello, ai tempi della coda ancora lunga, caricare il collegio docenti: “Tutta l’aula magna, al mio tre… inizia il gioca jouer!”; Ora solo i docenti uomini: “su le mani, su le mani, fatemi sentire il vostro account! Poporoppoppoporo!”; Ora voi donne… digitate tutte insieme “I will survive!” nel registro elettronico!)

Al primo collegio inizio a studiare il mio nuovo ambiente di lavoro: la preside pare abbastanza in gamba, risoluta e cordiale, i docenti del luogo saranno circa il 40%, quelli del resto d’Italia altrettanti. Il restante 20%, non ha aperto bocca.

Ho sentito accenti provenienti da tutta Italia, alcuni dei quali assolutamente irriconoscibili che non sono riuscito a catalogare. Forti sospetti persino sulla presenza di un docente molisano (nonostante tutti sappiano che questo luogo non esiste).

Durante il collegio, questa per me è una novità, è avvenuta la presentazione individuale dei nuovi arrivati (“Prof. Emigrante, venga, si presenti, ci racconti la sua storia!“). Giunto al mio momento  ho iniziato ad improvvisare una veloce biografia scolastica, cercando di fare il brillante per stemperare la tensione, ma facendo ridere – a stento – solo le tre persone che hanno incrociato il mio sguardo. Nei miei 40 secondi di notorietà, non ho lasciato minimamente trasparire l’incredulità che mi ha visto finire spedito in giro per l’Italia come un paccocelere3, mostrando finta gioia per ritrovarmi collocato nella quarantunesima provincia del mio listone.

La parte successiva del collegio, dedicata ai soli ultimi arrivati, è stata utile e ricca di informazioni operative. In me però si faceva inizialmente spazio quella sensazione amara di cui parlavo qualche giorno fa, riassumibile in un più “IoNonVoglioEssereQui“, sfociata fin troppo presto, anzi prestissimo, in un “NonMeNeFregaUnaCippaTantoSeMiArrivaLAssegnazioneProvvisoriaViSalutoTutti“.

Devo dire però, che è stata una sensazione durata poco. Già a fine collegio, si è contrapposta ad essa una forte fiamma di speranza proveniente dal cuore: “Finalmente si comincia!“, quella che ti rende ogni giorno contento nel fare questo complesso lavoro, che inevitabilmente presenta tratti simili a tutte le latitudini del territorio nazionale.

Così, come due grandi cavalli da parata al massimo sforzo per tirarmi nella loro direzione, l’uno opposto all’altro, il granduca dell’indolenza e il cavaliere della professionalità, si sono sfidati per contendersi il bacio della bella, ovvero la mia anima di prof che, in fondo vorrebbe solo fare il suo lavoro, magari non troppo lontano da casa.

So già chi dei due vincerà. Come ha sempre fatto.

 

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No, non c’era nessuno accanto a me che mi puntava la pistola alla tempia. Eppure l’ho fatto

 

A sera, nel letto da solo, dopo una lunga videochiamata a casa funestata da gravi problemi di connessione, resta nella mia mente la domanda iniziale…

“Ma che c***o ci faccio qui?”

Il Prof Emigrante 

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NOTE:

Ho riletto al mattino ed ho modificato metà post. Non si capiva nulla:  Credo sia colpa del vinello di ieri sera a casa dei parenti di mia moglie che mi hanno gentilmente invitato a cena. Un punto di appoggio in terra straniera, abitato da gente cordiale, è una vera ricchezza.

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