Guida semiseria per genitori alle prese con la nuova invasione dei Pokemon

Mi hanno spiegato che ne era rimasto solo uno, in quel momento, in tutto il paese. Un raro Scyther maschio, e che doveva essere catturato a tutti i costi e che “quei bastardi della squadra rossa” erano già sulle sue tracce.

Questa la giustificazione fornitami dai 3 ragazzi apparentemente tutti maggiorenni che mi hanno attraversato la strada davanti, senza guardare oltre lo schermo dei loro smartphone, facendomi inchiodare rumorosamente e quasi tamponare da un vecchietto con lo sguardo di fuoco sull’ultima Fiat 126 rimasta in provincia.

Così, uno dei ragazzi, un parente stretto del quale non citerò il nome, ha momentaneamente lasciato il gruppetto per unirsi a me, sia per calmarmi che per provare a spiegarmi quale (altra e fortunatamente sana) follia si è realmente scatenata in questi giorni in Italia e nel mondo.

Ebbene si, i pokemon sono tornati! E con loro l’onnipresente Pikachu, le sfere pokè, il “gotta catch’em all!” e tutto il franchise ad essi collegato, sul quale dobbiamo fare una doverosa premessa per chi ha saltato a piè pari i primi anni duemila (e che viene apostrofato con disprezzo dalle nuove generazioni come “non nativo digitale“).


L’UNIVERSO POKEMON

Dal punto di vista antropologico, i Pokemon rappresentano un classico tema della storia dell’umanità. Data l’inconcepibile assenza della voce “Pokemon” nel recente vocabolario Devoto-Oli a mia disposizione, wikipedia (la fonte delle fonti di oggigiorno, la meno autorevole in molti casi) spiega come i Pokémon siano creature immaginarie, “che gli umani possono catturare, allenare e far combattere per divertimento“. Un po’ come i combattimenti fra cani, fra galli… i gladiatori dell’antica Roma!

gladiatore
La battuta originale. Modificata per venire incontro a noi “non nativi originali”

Tutto è nato come un gioco per le console Nintendo, ma la grande popolarità in italia è arrivata con il primo Anime (Sapete già che il nome corretto dei cartoni animati giapponesi è questo? No? Giocatevi questo termine con i vostri figli, dopo i primi attimi di stupore avrete guadagnato il loro rispetto per decenni), che vedeva protagonista tale Ash, un ragazzo originario di Biancavilla (alcuni sostengono si tratti del paese alle pendici dell’Etna), intento a seguire il suo sogno di diventare il più grande allenatore di pokémon del mondo.

Su questa base, il giovane Ash, con gli amici Misty e “occhilineari” Brock, girerà il mondo ed affronterà migliaia di nemici lungo le 884 interminabili puntate. Ad ostacolarlo, oltre all’avversario della puntata, l’antagonista nonché principale componente divertente del programma, il Team Rocket che non rappresentano altro che la versione restaurata, aggiornata e decisamente più vestita del leggendario “Trio Drombo” di Yattaman (dov’è un’emoticon che si inchina in segno di devozione, quando la si cerca?).

Da sinistra Tonsula, Miss Dronio e Boiacchi, antagonisti degli scialbi Yattaman. Il trio comico di maggior successo della storia dei cartoni animati. Il finale di ogni puntata in cui Miss Dronio restava seminuda ha turbato un’intera generazione di ragazzini
Il Team Rocket, nipoti digitali dei precedenti con un forte complesso di inferiorità

Ogni Pokemon (Pocket Monster) (Piccolo Mostriciattolo o Mostro da taschino, in base all’interpretazione che si vuole dare) che vive allo stato brado viene catturato attraverso le sfere Pokè che lo assorbono secondo lo stesso meccanismo dei Ghostbusters, per poi essere lanciato in combattimento, abbastanza incazzato perché dentro la sfera non è che si stia comodissimi e il vitto è quasi inesistente. In combattimento il Pokemon è sostanzialmente stupido: non agisce finché l’allenatore non gli da il comando, non riesce a cambiare strategia da solo e torna nella sfera con la coda (o il bulbo) fra le gambe ogni volta che viene sconfitto. Però accumula esperienza che, a scanso di quanto logica possa suggerire, non gli servirà per diventare più furbo, ma per evolvere in un Pokemon con caratteristiche di combattimento superiori. Più forte, ma sempre inequivocabilmente stupido.

L’evoluzionismo nei Pokemon è materia estremamente complessa e dipende da schemi non lineari che è un po’ una fortuna che Darwin sia morto qualche secolo fa. L’unico Pokemon che si è affrancato dalla schiavitù della sfera Poké è il co-protagonista Pikachu, la cui storia personale è un classico tema hollywoodiano: il reietto della sua specie, viene adottato da un allenatore verso cui prova diffidenza, poi lo impara ad apprezzare e decidono di legarsi indissolubilmente e formare un team indissolubile; quando gli verrà offerta la libertà, preferirà continuare a viaggiare al fianco del suo allenatore, verso l’orizzonte.

Esempio di evoluzione Pokemon, in questo caso Charmander. Lo schema è ripetitivo: da tenero cucciolo sorridente, si trasforma in soggetto problematico ed aggressivo per finire l’evoluzione diventando una belva feroce sputafuoco. Chi ha una figlia che ha attraversato l’adolescenza, sa di cosa parlo.

Oltre all’Anime e ai Videogames, il terzo aspetto dell’invasione Pokemon nei primi anni 2000 è stato rappresentato dalle carte da gioco: un gioco la cui complessità regolamentare sfiora quella del bridge, al quale stormi di dodicenni impazziti giocavano per ore, acquistando e scambiando carte da far impallidire il mercato delle figurine Panini della nostra generazione.

Insomma, credevamo che alla fine degli anni 00, dopo oltre 10 anni sulla breccia, il fenomeno Pokemon fosse uscito dalle grandi attenzioni delle masse. E invece…


Luglio 2016 – ARRIVA POKEMON GO!

Buttiamola sul fantascientifico, anche se di “fanta” non è rimasto proprio nulla. Pokemon Go è il primo gioco diffuso su scala mondiale che si basa sul concetto di “realtà aumentata” (Signora, si tolga quel sorriso, non si faccia illusioni guardando suo marito), ovvero interazione fra l’ambiente circostante e l’applicazione sul dispositivo mobile. Per cui, tu che in questo momento stai leggendo tranquilla questo articolo mentre cammini per strada, possibilmente hai un Pidgey, appollaiato sulla spalla destra e dietro di te ti seguono tre giovanotti divertiti che cercano di catturarlo con la fotocamera del telefonino (o tre giovanotti pervertiti che ti fotografano il back-office, fingendo di catturare pokemon… stai sempre in guardia!).

Esempio di “realtà aumentata”: un Pidgey vola verso di te. Fossi in te, non si sa mai, non mi farei trovare sotto al suo passaggio, altrimenti rischi i danni da “realtà aumentatissima”!

I Pokemon da catturare vengono localizzati con il GPS attraverso le mappe disponibili per i normali programmi di navigazione ed il telefono riceve un segnale via via più forte man mano che ci si avvicina ad un Pokemon nelle vicinanze. Insomma, il vecchio gioco in cui si nascondono le cose in giro per casa e si cerca di trovarle con le indicazioni “Acqua, Fuochino, Fuocherello… Fuoco!“. Al segnale corrispondente al “FUOCO“, si attiva la fotocamera del telefono e cercare il dispettoso Pokemon nelle vicinanze osservando, appunto, attraverso l’occhio virtuale del proprio telefonino. Questa è la fase in cui si verificano più incidenti di varia natura: giovani che si schiantano sui pali del marciapiede, scalini e scale che appaiono improvvisamente lungo il cammino, ragazzini che attraversano la strada senza guardare finendo quasi sotto la macchina dello zio che l’indomani si sentirà in dovere di scrivere un articolo di blog sull’accaduto, ecc.

Il Pokemon può apparire realmente dappertutto: per strada, dietro un cancello, nelle case private, in un bagno pubblico… ovunque. I partecipanti, sparpagliati in 3 possibili squadre in tutto il mondo, divise per colore e composte da centinaia di migliaia di giocatori ciascuna si contendono i pokemon sul territorio, li alimentano per farli evolvere e li usano nelle battaglie così come se stessero giocando a carte dieci anni prima. Capiamoci, rispetto a comprare le carte in edicola, è molto più divertente beccare un pokemon alato sul tetto del municipio, scalarlo come uno sciame di uomini ragno, magari inseguiti dai vigili urbani aizzati dal sindaco, e lanciargli una sfera poké sperando di catturarlo al volo (e guardare lo smartphone-pokè appena scagliato finire giù dal tetto schiantarsi in mille pezzi proprio sulla macchina del sindaco).

Il Pokemon come marketing tool. Ingaggiate un ragazzino per mandarlo a caccia di Pokemon a casa vostra, se ne dovesse trovare uno abbastanza raro (e riuscite ad immobilizzarlo in tempo) (il ragazzino), potete esporre un cartello, fissare una base d’asta smodatamente alta e lasciare che il libero mercato faccia il suo dovere. Poi potrete liberare il ragazzino.

Ma un gioco di natura territoriale deve avere delle basi logistiche, così in un singolo paese il sistema di gioco localizza le cosiddette “Palestre“, ovvero i luoghi da conquistare che rappresentano una parvenza di scopo finale del gioco (ma non lo è, non è previsto che ci sia un vincitore unico, solo uno schema di gioco organizzato in modo tale che tenga i ragazzi perennemente connessi al sistema). Ancora più notevole, la sadica scelta degli ideatori del gioco di collocare le palestre nei luoghi di maggiore interesse del singolo paese o città: chiese, luoghi pubblici, musei, caserme, ecc. con il corredo di preti svegliati di notte, scuole inspiegabilmente ricolme di studenti in piena estate, carabinieri che ricevono segnalazioni continue di movimenti sospetti intorno alle civili abitazioni. Quando una squadra si impossessa di una Palestra, questa diventerà il luogo sacro per la squadra, che si attiverà per far evolvere i propri pokemon con un sofisticato sistema alimentare basato sulle caramelle (notato che l’80% dei Pokemon è sovrappeso?) conquistate attraverso la ricerca di pokemon della stessa specie, ed ovviamente dovrà difenderla attraverso sanguinose battaglie a colpi di telefonino, almeno finché non si esaurirà la batteria, che con l’app Pokemon Go costantemente attivata resiste abbondantemente sotto i novanta minuti.

Quindi, care mamme e cari colleghi papà che vi state chiedendo cosa sta distraendo i vostri figli negli ultimi giorni… state tranquilli e non preoccupatevi. E’ solo un gioco (ok, si può opinare sull’opportunità di svolgere QUESTO gioco anziché altri), ma forse è meglio che i vostri figli occupino il loro tempo con questi passatempi, tutto sommato innocenti, rispetto a ciò che davvero si sente e percepisce in questi giorni difficili nel mondo.

Li guarderete in giro per la città così intenti a raggiungere il loro obiettivo e sarete orgogliosi di averli cresciuti così bene. Immedesimatevi, ad esempio, nella madre di questo giovane e gonfiate di orgoglio il vostro cuore…

Pokemon GO sarà ricordato come uno dei primi passi verso una nuova generazione di tecnologia (provare i vestiti di un negozio online davanti allo specchio di casa, visualizzare in anteprima il risultato di un taglio di capelli, ecc.). E pazienza se i vostri figli avranno preso qualche capocciata per strada!


EPILOGO

Lo Scyther era al centro della fontana in piazza, momentaneamente chiusa per lavori di ristrutturazione (d’estate, geniale), quindi per catturarlo occorreva superare la recinzione. I Rossi erano già arrivati sul posto e provavano a lanciare la sfera attraverso le fessure delle maglie. I Gialli di mio nipote Luigi (chissenefregadell’anonimato :D) sono arrivati dopo ma hanno sfruttato una strategia migliore: una piramide umana che ha sollevato un bambino della zona raccattato sul momento, facendo in modo che questi superasse in altezza la recinzione. Un colpo secco di fotocamera ed il Pokemon era già pronto per essere portato in chiesa ad ingozzarsi di caramelle, sotto lo sguardo soddisfatto del prete che osserva queste decine di ragazzi, fino ad allora mai visti, testa bassa fra i banchi, raccolti in apparente momento di preghiera.

Nella speranza che prima o poi qualcuno faccia scendere il bambino dalla recinzione.

Senza titolo-3
Simulazione della scena finale, con lo Scyther sulla fontana (mancano: la recinzione, la squadra rossa, la squadra gialla e il bambino appeso)(in effetti potevo anche evitare di metterla) (Però l’Etna è sempre bellissima)


RINGRAZIAMENTI

  • I miei nipoti, pazienti nello spiegarmi l’universo pokemon che ho sempre volontariamente ignorato.

DISCLAIMER

  • Se ci sono delle imperfezioni sul gioco, derivano esclusivamente dal fatto che non ho capito quanto mi hanno spiegato i nipoti. Correggetemi pure nei commenti.
  • Si può scrivere per un mese sui Pokemon. Non ho tutto questo tempo, purtroppo ed ho sicuramente tralasciato qualcosa di essenziale, mi scuso con i fan del franchise più sfegatati.
  • le foto sono prese da Internet, se dovessi aver leso il diritto d’autore di qualcuno, provvederò immediatamente a togliere la foto. Anche se il tizio con il cappello da Pikachu regge da solo la scena dell’intero articolo.

LINK

  • Questo, ed altri articoli, sulla pagina Facebook BacktotheBlog e sull’account Twitter BackToTheBlog (che fantasia, eh?).
  • Se vi è piaciuto, un click per una condivisione non costa nulla.
  • Se desiderate essere informati sul prossimo articolo, potete mettere il like sulla pagina FB o iscrivervi via mail al blog, cliccando in basso a sinistra in questa stessa pagina.
  • A chi scrive, non solo a me, fa sempre piacere ricevere un feedback dai propri lettori, anche se occasionali. Lasciate un commento, un “mi piace“, un “fa schifo“… un qualunque segno del vostro passaggio sarà sempre gradito.

Commenti

  1. Pingback: Ai miei cari amici follower… BackToTheBlog cambia casa! – Back to the Blog

  2. Pingback: 12 buoni motivi per andare in Valle d’Aosta – Il Blog che viaggia nel mio tempo… ridendoci un po' su

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *