Io, Totti e Ronaldo: Il bivio della leva calcistica del ’76

Storie di quarantenni/2

25/1/2016, ore 20.17, terza partita del triangolare celebrativo per i miei quarant’anni, calcio a 5 (pance escluse).

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Il teatro dell’evento (foto volutamente sfocata). Si il campo non è granchè, ma vi assicuro che abbiamo visto anche molto di peggio.

Palla ancora in difesa, ripartenza veloce (ehm…), mi allargo sulla fascia destra per smarcarmi dagli avversari. Andrea mi guarda dal limite della nostra area come faceva 22 anni prima, – quando anziché lasciarmi preparare per la maturità mi telefonava a metà giugno dicendomi “andiamo a giocare al sintetico” e io, subito dopo avergli detto “no, devo studiare” per placarmi la coscienza, ero già in bici pronto a raggiungerlo – e mi lancia un pallone teso ad un metro da terra. Lo guardo partire e mentalmente so già cosa è giusto fare: stopparla, girarmi e servire Giuseppe che sarà lì pronto come un avvoltoio a spaccare la rete con il suo destro formidabile.

In realtà, sul campo non sempre si fa ciò che si dovrebbe. Vedendo avvicinarsi quel pallone invitante, scatta la scintilla della follìa, prendo benissimo il tempo e, con uno splendido destro al volo ad incrociare, scaravento il pallone a fil di palo nell’angolino basso.

Ovazione dagli spalti, standing ovation, nipoti diciottenni ancora increduli su cosa è in grado di fare un “vecchio” della generazione precedente, compagni di squadra ed avversari che applaudono insieme. Non sarà il gol della vita, ma quasi.

campo da calcio
Lo schema del gol, per i non comprendenti. Si, ho provato a disegnarlo come nella gazzetta e nel mio diari degli anni ’80, in modo che si vedesse la torsione del corpo e la bellezza del gesto atletico. Velo più che pietoso sul risultato.

Basta un episodio come questo, a volte, a farti dimenticare tutto, forse anche troppo: in un istante ho dimenticato che dopo 10 minuti dall’inizio della prima partita arrancavo già in apnea, che poco prima tentando una mezza rovesciata avevo fatto un botto per terra registrato anche dai sismografi, che per organizzare quell’evento e raccogliere 15 persone ho dovuto avvisare tutti 30 giorni prima – il minimo necessario per adempiere alle attività di alta diplomazia note a tutti i mariti – mentre anni fa sarebbero bastati solo 30 minuti (e possibilmente venivano in 30).

In quel momento, mi sono sentito un Pallone d’Oro e soprattutto non avevo più 40 anni.

La settimana scorsa, leggendo di Totti e del suo lento declino, ho pensato molto a questo episodio. Il mio momento calcistico di gloria è stato vincere un torneo under 16 del paese – per poi perdere centinaia di partite gli anni successivi una volta passato fra i grandi -, il suo è stato vincere il mondiale nel 2006. Io vengo calcisticamente apprezzato se riesco a fare un gol con gli amici e mi lanciano una carrettata di improperi se tento un dribbling in più, lui a Roma è praticamente un re, osannato anche se fa cucù in panchina.

Re, forse è poco. Tre anni fa ho visto piangere un tassista perchè la sua bambina aveva partecipato ad una festa di un altro bambino in cui era invitata la secondogenita del Capitano. Ed ha pure sbagliato l’uscita del GRA per l’aeroporto.

Ogni eventuale altro parallelismo, calcistico e non, potrà sembrare impietoso, però per qualche istante io e Francesco Totti abbiamo avuto gli stessi pensieri e la stessa voglia di non mollare. La differenza, purtroppo, sta nelle aspettative degli altri.

Non posso e non voglio dare consigli a Francesco, (mi permetto di dargli del tu perché sono stato suo FantaPresidente per 9 stagioni su 22 della sua carriera) gli auguro solamente di saper gestire bene il mito che si è creato intorno a lui.

Certo, in un mondo ideale, Totti entrerà a mezzora dalla fine del ritorno di Real Madrid – Roma bloccata sullo 0-0 e realizzerà una tripletta che sarà consegnata alla storia. Dopodiché farà il giro di campo fra gli applausi del Santiago Bernabeu che ha rifiutato in passato, stringendo le mani ad un grandissimo del passato come Zidane e ad un grandissimo del presente come CR7, e in una conferenza stampa in compagnia della famiglia in cui annuncerà poi che a Madrid sarà stata l’ultima partita ed è tempo di voltare pagina.

A Roma saranno proclamati 3 giorni di lutto cittadino e la leggenda vivrà in eterno, possibilmente con la sua statua sulla colonna dell’omonima piazza a sostituire San Paolo, anche perchè, per inciso, a quanto ci è dato sapere quest’ultimo non ha mai espugnato il Bernabeu.

Sfido chiunque a dire che non ci starebbe bene lassù.

Francesco, mi auguro proprio che andrà così (anche perchè il mio avversario di FantaChampions ha in porta Keylor Navas e lo schiererà di sicuro) e, se così non fosse, sono sicuro che saprai trovare modi, tempi e parole giuste per la tua conclusione di carriera sportiva. E soprattutto perché, dopo 22 anni di carriera, non ti meriti di vedere un’asta iniziale di fantacalcio senza che tu sia stato acquistato.

L’altro immenso del 1976 (il terzo di questo articolo, secondo la mia mente compromessa dall’adrenalina dopo il gol di cui sopra), si è ritirato già da 5 anni, dopo aver smesso di giocare da “Fenomeno” nel 2006 a soli 30 anni.

Ronaldoquello vero” (Cit. Mourinho, mentre era allenatore dell’altro attuale Ronaldo – Facepalm^∞), è stato un’icona globale del calcio, che non è appartenuta solo all’Inter, al Real Madrid o al Brasile, ma è diventato un patrimonio dell’umanità.

Caro Ronie, saremmo stati una splendida coppia d’attacco insieme. (Senza offesa, Giuseppe)

Anche lui come me ha dovuto combattere con la bilancia e, alla fine, si è arreso all’impossibilità di fare una impeccabile vita da atleta (e probabilmente avrà avuto anche lui a che fare con le lasagne domenicali delle, nel suo caso molteplici, suocere).

Da fantapresidente nel suo anno migliore dell’Inter – nonostante 3/8 di interisti in lega, quando ancora non eravamo “PROfessionisti” del  settore e si comprava anche per tifo – abbiamo vissuto splendidi momenti insieme che non saranno mai dimenticati.

Adesso, invece, al fantacalcio compro giocatori che potrebbero essere miei figli e non c’è spazio per le emozioni e il legame affettivo (a parte l’anno scorso con il Dybala rosanero). Con il ritiro di Totti finirà un’epoca, tramonterà l’ultimo baluardo di una Leva Calcistica importante.

Cosa fare adesso? Arrenderci e appendere definitivamente le scarpette al chiodo?

Nulla da fare: sono sicuro che ognuno di noi Classe ’76 per molto tempo ancora proverà gioia inseguendo un pallone (e una libellula) su un prato non professionistico, reale o sintetico, grande o piccolo, in compagnia di vecchie glorie o di cari amici.

Sarà così per Totti e Ronaldo, come per altri grandissimi come Nesta, Shevchenko, Recoba… e, naturalmente, anche per me!

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Commenti

  1. mel...chi?

    Chi ti conosce sa che sei capaci di prodezze paragonabili a quelle dei due fenomeni citati nell’articolo.
    La dinamica del gol mi ha ricordato quella di un gol al triangolare di Alba, qualche anno fa: roba da standing ovation!

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